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Natura e storia (dell’economia politica)

12 Aprile 2011 - Homepage a cura di Fiorenzo Martini

“L’economia è prima di tutto una scienza della vita”
René Passet


Ritratti di economisti eseguiti da giovani artisti

Si è soliti declinare il tema della sostenibilità con lo sguardo rivolto al futuro e sollecitando la necessità di costruire una nuova scienza. Tutto ciò non è privo di senso, ove si consideri che le questioni da affrontare riguardano le prospettive dell’ambiente naturale in relazione alle generazioni a venire e che i saperi attuali con la loro frammentazione sembrano inadeguati a tale compito.
Il percorso proposto in questa pagina è diverso, in quanto consiste in una ricognizione storica, per di più circoscritta alle categorie di pensiero proprie di un ambito disciplinare specifico, l’economia politica.
Il lavoro interdisciplinare può risultare più fruttuoso se si costituisce a partire dal riconoscimento delle acquisizioni “profonde” , e quindi in qualche modo universalizzabili, che ciascun ambito di studi, sul proprio terreno particolare, è in grado di raggiungere.
La convinzione che sorregge le riflessioni che seguono è in primo luogo che vi sia un campo legittimo del calcolo economico riferito al mondo del vivente e che anzi molti aspetti dell’attuale crisi ecologica siano imputabili ad una mancata fedeltà della scienza economica a sé stessa. Si sostiene inoltre che tale area può fecondamente esplicarsi se si ancora, fra le tradizioni rivali di economia politica, a quella che pone l’accento sulla riproduzione sociale anzichè sul postulato della scelta operato in ottica massimizzante fra risorse ritenute scarse in vista dei fini alternativi degli agenti, individualisticamente considerati.
Le sollecitazioni qui proposte derivano da una personale interrogazione della storia dell’economia politica, anche se debbono molto alle argomentazioni sviluppate nelle seguenti pubblicazioni:

- H. Immler, Economia della natura. Produzione e consumo nell’era tecnologica, Donzelli 1996

- R. Passet, L’economia e il mondo vivente, Editori Riuniti 1997


La natura è dentro il ciclo economico

Al lavoro nei campi

Circa i due terzi delle colture fanno affidamento sugli impollinatori naturali; la metà dei composti medici di sintesi proviene da precursori naturali; i prodotti della chimica e della meccanica, in maggior o minor misura, consistono in un’applicazione dell’ industria umana alle produttività naturali, che essa può manipolare e organizzare ma non sostituire...
Malgrado ciò, il pensiero sociale ed economico prevalente è incentrato su quella che viene definita la centralità del valore aggiunto, vale a dire l’idea che capitale artificiale e lavoro umano siano gli unici protagonisti del gioco economico.
Ciò tanto più stupisce in quanto gli esordi della riflessione scientifica sull’economia sono accompagnati dalla piena consapevolezza del nesso fra produzione e servizi resi dagli ecosistemi: non mi riferisco solo a Quesnay e ai fisiocratici, ma anche alle visioni anticipatrici di Petty e Cantillon.
L’idea dell’origine plurifattoriale dell’attività produttiva (triade dei fattori produttivi) ha accompagnato del resto tutti gli sviluppi successivi della scienza, benché sia stata oscurata dalla teoria del valore lavoro nel periodo classico-ricardiano e dall’enfasi sull’utilità del consumatore come radice ultima del processo nella svolta marginalista.


La natura dà molto, ma riceve poco

Mentre una quota significativa del prodotto sociale viene riservata alla ricostituzione dei fattori produttivi capitale e lavoro (in termini di ammortamenti, rendite, interessi, salari, provvidenze di cassa integrazione,ecc.), poco o nulla viene dato alla natura.
Essa contribuisce in maniera significativa alla ricchezza e al benessere umano (si pensi che più del 40% della Produzione Primaria Netta terrestre è destinata alla nostra specie), ricevendone scarsa attenzione.

Human Appropriation of Net Primary Production
Human Appropriation of Net Primary Production (percent of local NPP)

La considerazione dell’ammortamento del c.d. capitale naturale (cioè i prelievi di risorse non rimpiazzati da nuove scoperte e/o da ricrescite naturali) è ben lontana dall’influenzare le decisioni macroeconomiche delle nazioni. Inoltre essa viene applicata ai soli beni ambientali provvisti di prezzo di mercato (risorse minerarie ed energetiche, legname destinato al commercio, ecc.), mentre non c’è alcun calcolo economico sistematico circa il depauperamento delle risorse idriche e del patrimonio ittico, l’erosione del suolo e la perdita di biodiversità, il degrado delle foreste come bacino di assorbimento dei gas climalteranti.
Se tutto ciò avviene con riferimento alla depletion degli stock di risorse, non meglio vanno le cose circa i flussi annui di spese sostenuti per prevenire e/o riparare danni alla funzionalità degli ecosistemi, che oscillano fra l’1 e il 2% del PIL e rimangono oltretutto confinate in conti satellite non pienamente integrati nella contabilità ufficiale.
E’ evidente che siamo di fronte ad una insufficiente ricostruzione della natura come fattore produttivo, nonostante vi sia nelle premesse della scienza economica l’idea del fenomeno produttivo come di un processo che, oltre a generare sovrappiù, deve riprodurre tutti i beni consumati per potersi assicurare la continuità nei periodi successivi.

Le metodologie per il calcolo dell’ammortamento (rent) del capitale naturale possono essere consultate sul sito della World Bank (http://www.worldbank.org/) nella sezione dedicata al Genuine Net Saving.
Sul sito dell’Istituto Nazionale di Statistica (http://www.istat.it/) si possono vedere i dati e le metodologie circa le spese (preventive e riparatorie) di protezione ambientale e quelle connesse all’uso sostenibile delle risorse naturali.


La principale istituzione economica, l’impresa, è quella nella quale è organizzato il rapporto fra uomo e natura

Impianto idroelettrico

Ne consegue che le aziende costituiscono il luogo privilegiato in cui le questioni dell’uso sostenibile delle risorse debbono essere poste. Sono le imprese a garantire l’approvvigionamento materiale della società e a costituire l’ ”unità economico-ecologica” da cui provengono beni e servizi.
In quanto “isole di potere cosciente”, esse sono anche interessate a pianificare la propria sopravvivenza a lungo termine. Il termine di durata non è estraneo alla dottrina economico-aziendale, ma è stato sinora declinato sulla base di una concezione troppo limitata di patrimonio.
Occorre imboccare la strada di una decisa riforma ecologica dell’industria, superando le ambiguità e le incertezze della attuale concezione di CSR (Corporate Social Responsibility), basata sul contemperamento delle esigenze dei vari stakeholders, inadatta a fare seriamente i conti con i limiti bio-fisici del pianeta e con i segnali di stress che quest’ultimo ci invia.
Qualcosa di significativo sta avvenendo sotto questo profilo in direzione del superamento della centralità del valore aggiunto. Basti pensare da un lato al crescente utilizzo di indicatori di eco-efficienza (che rapportano la ricchezza prodotta al consumo di natura) e dall’altro al progressivo affermarsi (anche nell’ottica di un accrescimento del proprio capitale reputazionale) del principio della extended product stewardship, vale a dire della responsabilità che l’impresa assume circa gli impatti ambientali della supply chain e della fase end user, oltre i tradizionali confini dell’organizzazione produttiva.

Colture intensive


Per saperne di più

L’economia nel suo disegno storico può essere appresa tramite la lettura di un manuale di storia del pensiero economico. Il più erudito ed originale è l’opera postuma di Schumpeter (J. A. Schumpeter, Storia della analisi economica, Boringhieri, 1959 ) che peraltro non si consiglia ad un lettore che si accosti per la prima volta alla materia. A tal fine possono essere più utili i manuali: E. Roll, Storia del pensiero economico, Boringhieri, 1977, oppure H.Landreth, D.C. Colander, Storia del pensiero economico, il Mulino, 1996.
Fra le opere più recenti, ed anche per la diversità degli approcci adottati, si possono consultare L. Robbins, La misura del mondo, Ponte alle Grazie, 2001 (che enfatizza l’orientamento soggettivista basato su utilità-rarità) e A. Roncaglia, La ricchezza delle idee, Laterza, 2001 (che privilegia la chiave di lettura in termini di costo e divisione del lavoro). Robbins è l’autore del celebre Saggio sulla natura e l’importanza della scienza economica del 1941 nel quale viene data sistemazione agli sviluppi nella ricerca che si sono delineati a partire dagli anni ‘70 del secolo diciannovesimo con la c.d. rivoluzione marginalista ad opera soprattutto di Menger, Walras e Jevons. La moderna economia ambientale ha privilegiato tale impostazione estendendola ai beni e servizi offerti dagli ecosistemi, a mio giudizio senza un’adeguata problematizzazione.
Più fruttuosa appare a chi scrive, come ho cercato di dimostrare in queste pagine, il recupero di quel filone che considera il fenomeno produttivo con riguardo alla società come un tutto anziché alla considerazione esclusiva del comportamento razionale del consumatore e alla sua utilità.
Una storia dell’economia politica dal punto di vista ambientale è ancora tutta da scrivere. Meriterebbe farlo se non altro per sgombrare il campo da alcune errate opinioni che circolano fra gli “ambientalisti”: quella secondo cui Malthus sarebbe un precursore dell’ecologia economica, quando invece la sua preoccupazione, come di tutti i classici, è rivolta alla riproduzione dell’ordine mercantile; quella che vede in Jevons (uno dei fondatori dell’economia marginalista) un autore che ha qualcosa da dire sulle questioni ambientali solo perché si è occupato incidentalmente della questione del carbone; quella, altrettanto discutibile, per cui utili spunti per la transizione ecologica potrebbero trarsi dall’economia dello stato stazionario di John Stuart Mill.


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Crediti

- La prima immagine è costituita da una serie di ritratti di economisti fatti da giovani artisti in occasione del VII° convegno annuale STOREP (Associazione Italiana per la Storia dell’Economia Politica) svoltosi a Trento dal 30 maggio al 1° giugno 2010 sul tema: Pubblico e privato in economia: i confini sfuggenti. [http://events.unitn.it/storep2010/photogallery]
- La seconda immagine è tratta dal sito della NASA al seguente indirizzo:
  http://gcmd.nasa.gov/records/GCMD_CIESIN_SEDAC_HANPP.html
- Le rimanenti immagini sono state tratte dal seguente sito: http://www.maweb.org/en/index.aspx




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